UN PIANO MARSHALL PER LE COMPETENZE DI CURA: RISPOSTA PER I DIRITTI DEI MIGRANTI

Il 20 maggio 2021si è tenuto, nel quadro del Progetto Fami MAX, il convegno: IL LAVORO MIGRANTE TRA INTEGRAZIONE CAMBIAMENTO E DIRITTI.

Importanti contributi al convegno sono venuti dall’Onorevole Laura Boldrini residente del Comitato per i diritti umani della Camera dei Deputati, da Giovanni Di dio del Ministero del Lavoro ed Enrico Di Pasquale della Fondazione Moressa, insieme ad altri contributi di esperienze e di campo.

Federico Boccaletti, Vicepresidente della Cooperativa sociale “ANZIANI E NON SOLO”, chiamato nel Convegno sulle tematiche relative alla valorizzazione del lavoro di cura dei migranti ha affermato: 

“Premettendo che sono convinto che il diritto a cercare la felicità anche muovendosi da dove si è nati sia un diritto umano universale e che cercare di fermare l’immigrazione sia come voler svuotare il mare con un secchiello: impossibile e stupido 

Se impiegassimo le risorse (che vanamente buttiamo per provare a respingere per accogliere, includere e dare valore) faremmo un favore in primo luogo agli italiani e agli europei.

La favola che i migranti “ruberebbero il lavoro, vede nella cura la smentita più plateale. La longevità e la cronicità fragile che si accompagna richiede un esercito della cura finchè non decideremo insieme di rivoluzionare il modello di riproduzione sociale nel lavoro ridistribuendo i carichi di cura.

E’ una sciocchezza anche l’idea che selezioneremo i migranti in base alle competenze cosiddette alte che ci porterebbero (a parte l’intrinseca immoralità.) Sfido chiunque a sostenere la tesi che assistere un anziano non auto sufficiente in un domicilio inadatto con reti sociali flebili e servizi rarefatti sia un lavoro che richiede competenze basse. Quindi si tratta di attrarre e valorizzare competenze in grado di rispondere a bisogni complessi in evoluzione.

Ma perché sia riconosciuto nel suo valore e quindi per dare sostegno ai diritti dei migranti impegnati nella cura si devono attivare tre leve e fare una scommessa.

  1. Può sembrare paradossale ma per dare spazio a una buona offerta si deve lavorare sulla domanda, cioè sulle competenze caregiver familiari mettendoli in grado di sapere a che bisogni deve rispondere il lavoro che pagano.Poi assicurare luoghi sicuri di incrocio domanda offerta. Un mercato del lavoro libero da pregiudizi, ricatti e scorciatoie
  2. Fare la formazione giusta. La domanda è enorme e concreta pulsante. Ma la risposta deve essere nuova accessibile replicabile. Una Dad efficace. Per esempio il percorso formativo MINGLE (premio europeo dei migliori prodotti formativi linguistici) che insegna- la lingua del lavoro, non l’ortografia e sintassi Poi il riconoscimento della miniera di competenze di esperienza, unito ad approfondimenti tecnici e aggiornamenti continui.
  3. Lavorare sull’inclusione delle relazioni familiari del migrante per la sua stabilità comunitaria. Il caregiver immigrato va ascoltato e compreso nelle sue identità nell’idea di cura e di disabilità il mediatore non deve essere linguistico ma socio culturale.

E infine la scommessa. Un piano MARSHALL DELLA CURA non compreso nel PNRR integrato ad un periodo di servizio civile di cura (sul modello canadese) aperto anche ai giovani indigeni come viatico al permesso di soggiorno, non come lavori forzati temporanei ma come grande laboratorio di formazione e sviluppo del buon”  prendersi cura”. L’età della cura richiede immaginazione, uscire dagli schemi e coraggio.

Lo dico come antico cooperatore non pentito: spero che le cooperative ritrovino in questa sfida la funzione per cui sono nate “